Thyssenkrupp, pene ridotte: non si trattava di omicidio volontario

di Redazione 92 views0

La Corte d’Appello ha modificato il giudizio di primo grado emesso per la sentenza sul rogo della Thyssen: non si è trattato di omicidio volontario ma colposo, c’è stata una riduzione delle pene, i familiari delle vittime sono disperati ed hanno protestato in aula.

Il rogo della Thyssen è considerato come omicidio colposo: dopo la condanna storica a Harald Espenhahn spettavano 16 anni di carcere, adesso ridotti a 10 ed insieme a questa, sono state ridotte anche le altre pene. Sette anni agli altri dirigenti del consiglio d’amministrazione Gerald Priegnitz e Marco Pucci; per il direttore dello stabilimento Raffaele Salerno, invece, otto anni.

I familiari delle vittime non hanno accolto bene la sentenza, hanno protestato con urla in aula, accusando ancora una volta la giustizia italiana.

Il rogo scoppiò il 6 dicembre 2007 lungo la linea 5, persero la vita sette operai: Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Giuseppe Demasi. Secondo l’accusa, lo stabilimento era stato abbandonato dai dirigenti in vista del trasferimento degli impianti a Terni e per motivi economici non è stato fatto alcun investimento sulla sicurezza del luogo. Erano assenti gli impianti di rilevazione e spegnimento antincendio. Le condanne sono arrivate nel 2011, ma la difesa della Thyssen ha continuato a sostenere che parte dell’accaduto fosse responsabilità degli operai e che in quel tratto della linea non vi era alcun obbligo di installazione degli impianti antincendio. Sempre secondo la difesa, quando Espenhahn si recava in visita nell’impianto, non gli venivano mostrate le reali condizioni di degrado in cui si trovava, quindi non avrebbe mai potuto sospettare nulla di simile.

Ed oggi arriva la sentenza shock, che ribalta tutto: i familiari delle vittime di quell’incendio hanno occupato l’aula. Il pm Raffaele Guariniello ha dichiarato:

È un grandissimo risultato comunque, perché siamo riusciti ad ottenere la più grande condanna mai inflitta, cioè dieci anni, per un infortunio sul lavoro. E questo è un grande messaggio. Per il dolo eventuale faremo ricorso in Cassazione perché la questione del dolo eventuale ha un suo rilievo anche per la giurisprudenza.

Ma non si può cancellare così la disperazione dei familiari che hanno perso i propri cari. Una ragazza in aula ha commentato la sentenza:

Non lo accetto mio fratello e altri sei ragazzi sono morti e queste pene sono troppo basse.

Photo Credits | Getty Images

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