Inaugurato l’ Anno Internazionale delle fibre naturali, più valore alla convenzione di Kyoto

di Redazione 272 views0

 Il 2009 è l’ Anno Internazionale delle fibre naturali. Inaugurato il 22 gennaio nella sede Fao di Roma, questo 2009 celebrerà l’ importanza delle materie prime naturali come il cotone, il lino, la canapa, la juta, la lana, l’ alpaca, l’ angora, il cachemir e tutte le altre fibre naturali che aiutano a vestire l’ uomo.

Dopo il 2008, anno della patata, l’ Assemblea generale dell’ ONU ha deciso di cercare di sensibilizzare l’ opinione pubblica sul ruolo delle risorse pù familiari, ma anche le più importanti, che ci offre la natura. Risorse che troppo spesso vengono date per scontate.

Il ruolo nell’ economia
La produzione di fibre naturali e vegetali rappresenta uno dei settori più rilevanti per gli agricoltori di tutto il mondo: Hafez Ghanem, vice direttore del Dipartimento Economico e Sociale della FAO, ha stimato che il volume d’ affari di questo settore sia nell’ ordine dei 40 miliardi di dollari l’ anno. Anzi, in alcuni casi le fibre rappresentano il 50% delle esportazioni in alcuni Paesi in via di sviluppo.

Gli agricoltori e gli addetti alla lavorazione in questi Paesi dipendono dai ricavi delle vendite e dalle esportazioni come fonte di reddito primaria e per la propria sicurezza alimentare.
L’ obiettivo primario dell’ Anno Internazionale delle fibre naturali è dunque quello di rimettere in primo piano queste fibre ed evidenziare il loro valore ai consumatori, aiutando al tempo stesso a sostenere i redditi dei produttori. Una sfida importantissima che coinvolge anche – e soprattutto – le case di moda e i produttori tessili.

Le iniziative
Numerorissimi solo gli eventi in calendario per le celebrazioni in diversi paesi: mostre, conferenze, sfilate di moda, oltre ad un vertice internazionale sulla lana Mohair in Sudafrica ed un Festival delle fibre creative a South Caterbury, in Nuova Zelanda.

La Fao ha inoltre rivolto un appello ai paesi membri ed alle industrie del settore affinché rendano disponibili i fondi necessari per coordinare le attività e fornire sostegno alle varie iniziative nel mondo.

Il problema della lana
Nel contesto dell’ Anno Internazionale delle fibre naturali, sono le stesse case di moda, insieme alla filiera di produzione ed alle associazioni di categoria, a porre in evidenza il problema della lana: la lana ottenuta dagli oltre 8 milioni di pecore italiane finisce infatti in discarica, causando costi di smaltimento per i pastori e problemi di natura ambientale. La Coldiretti ha lanciato l’ allarme in occasione della proclamazione ufficiale del 2009 come l’ Anno Internazionale delle fibre naturali da parte della Fao.

Una volta – sottolinea la Coldiretti – la maggior parte delle fibre usate per l’ abbigliamento come lino, canapa o cotone aveva una provenienza nazionale, mentre oggi metà delle fibre tessili sono importate e l’ altra metà è costituito da prodotti sintetici derivati dal petrolio“.
Una situazione che “potrebbe cambiare per effetto della crisi economica che frena i commerci e spinge alla valorizzazione delle risorse nazionali proprio mentre secondo gli ultimi dati Iwto la produzione mondiale di lana (i principali paesi produttori sono Australia e Nuova Zelanda) è in calo, mentre i prezzi dei prodotti di qualità sono destinati a salire“.

La riscoperta di alcune fibre potrebbe dunque rappresentare un’ importante occasione di sviluppo per le imprese agricole, oltre ad un contributo al rilancio della moda made in Italy.
Secondo Coldiretti, infatti, gli oltre otto milioni di pecore italiane potrebbero garantire una produzione annua di seimila tonnellate di lana, grazie alle quali sarebbe possibile confezionare tre milioni di abiti a km zero che non dovrebbero percorrere lunghe distanze con mezzi inquinanti prima di essere indossati.

Secondo uno studio del Cnr-Ibimet effettuato sulle attuali modalità di abbigliamento in relazione ai consumi energetici per il riscaldamento invernale “l’impiego di una certa tipologia di abbigliamento in lana permetterebbe di abbassare di circa 2 gradi il riscaldamento nelle abitazioni con un risparmio di gas ad effetto serra quasi pari all’impegno che l’ Italia ha assunto sottoscrivendo la convenzione di Kyoto“.

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