Il nuovo incidente nel Golfo del Messico, “è una conferma ulteriore, dopo il disastro della piattaforma Deepwater Horizon che verrà ricordata come la ‘Cernobyl del petrolio’, che ormai il petrolio facile è finito e la risposta dell’industria è di continuare a spingere i limiti tecnologici penetrando in ambienti marini sempre più profondi, isolati e sensibili“. Ad affermarlo è il Wwf sottolineando che “attualmente circa il 30% di tutto il petrolio estratto deriva da estrazioni petrolifere su fondale marino (costiero o off-shore) e questa percentuale è in aumento“.
GLI INCIDENTI SULLE PIATTAFORME PETROLIFERE
“I recenti incidenti e le loro conseguenze -afferma Stefano Leoni, Presidente del Wwwf Italia- hanno anche dimostrato l’esistenza di rischi specifici associati alle perforazioni sottomarine; carenze nelle regolamentazioni e omissioni di conformità da parte dell’industria; così come carenze nelle capacità tecnologiche, logistiche e regolamentari, sia per la prevenzione di incidenti che per la reazione agli incidenti stessi“.
E’ ORA DI CAMBIARE POLITICA ENERGETICA
“In queste circostanze il Wwf -continua Leoni- ritiene che i Governi debbano adottare politiche e strategie per ridurre l’uso dei combustibili fossili liquidi, attraverso misure di efficienza energetica sostanziali, l’elettrificazione dei trasporti e lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili“. “La spinta verso tecnologie sempre più ai limiti per la ricerca e la gestione di fonti non rinnovabili -aggiunge- allontana per le comunità coinvolte sempre più la certezza su come rientrare da situazioni di emergenza e la scommessa sul nucleare in Italia è un altro esempio di questo genere di rischi“.