Non tutti sanno che l’Unione Europea è una delle eccellenze globali per quanto concerne la gestione dei rifiuti elettrici ed elettronici, tanto che l’UE è in grado di riciclare circa il 40% di tutti i RAEE prodotti. Tuttavia, se è pur vero che l’Unione Europea può ben fregiarsi di proporzioni piuttosto importanti in tale ambito, è anche vero che i margini di miglioramento non sono certo sottovalutabili, considerato che il 60% dei RAEE finisce comunque nell’indifferenziata.
È proprio per aumentare queste percentuali che lo scorso anno la Commissione Europea ha presentato un piano d’azione per l’economia circolare finalizzato a ridurre i rifiuti elettronici, creando alcuni strumenti (come il diritto alla riparazione) che tendono a puntare sulla riutilizzabilità.
Non mancano, però, molti problemi che frenano il settore. Una recente analisi condotta dalla stessa Commissione ha ad esempio evidenziato una certa difficoltà da parte di alcuni Stati membri a far rispettare le norme sui rifiuti elettrici ed elettronici, tanto che abbondano, purtroppo, i casi di gestione irregolare del trattamento di questi rifiuti. Una situazione alimentata anche dagli scarsi deterrenti, e da controlli e ispezioni che tendono ad essere scadenti o troppo rare. Ancora, alcuni Stati membri non dispongono di risorse ritenute necessari per procedere ad un’adeguata ispezione degli operatori.
Insomma, da una parte ci sono incentivi economici ingenti per una gestione illegale o non corretta dei rifiuti. Dall’altra parte c’è un rischio molto basso di essere effettivamente scoperti. Proprio per questo motivo la Commissione Europea sta già valutando nuove misure d’azione per migliorare l’efficienza in questo ambito, con l’obiettivo di superare presto il 50% di RAEE correttamente conferiti, in linea con le necessità di contenere quanto più possibile, e quanto più velocemente possibile, il fenomeno dell’e-waste.