Unirigom, nasce la nuova associazione per il recupero dei pneumatici usati

di Redazione 73 views0

 Il 26% dei pneumatici fuori uso viene smaltito illegalmente: abbandonato sul territorio o destinato a forme di ”smaltimento” non autorizzate e in parte esula i controlli e gli strumenti di tracciabilità incanalandosi in una rete capillare di destinazioni non sempre autorizzate nè ambientalmente compatibili. Per questo si vuole costituire un’unica Associazione nel settore del recupero della gomma e dei pneumatici fuori uso in grado di sostenere un dialogo costruttivo con il sistema di gestione dei pfu: è questo il principale obiettivo dell’accordo, che sarà siglato domani a Rimini (nel corso della Fiera Ecomondo, in programma a Rimini Fiera fino al 6 novembre) da Unire (Unione Imprese del Recupero di Confindustria) e Assorigom (Associazione nazionale raccolta, riciclo e riutilizzo della gomma). L’accordo porterà alla costituzione nei prossimi mesi, in ambito Confindustria, dell’Associazione nazionale di settore Unirigom.

I pneumatici fuori uso in Italia
Nel 2009 sono stati generati circa 325.000 tonnellate di pneumatici fuori uso (pfu). Tale dato, se confrontato con la quantità media di pfu generati nell’ultimo decennio, pari cioè a 350.000 tonnellate/anno, conferma la flessione dei mercati dovuta al periodo di crisi economica che ha coinvolto anche l’Italia.
I pneumatici usati avviati alla ricostruzione (non conteggiati nelle elaborazioni statistiche dei rifiuti in quanto esulano dalla loro gestione) sono stimati nel 2009 pari a circa 40.000 tonnellate. La flessione dei mercati globali ha portato anche nel 2009 alla riduzione del trasporto su gomma ed alla conseguente diminuzione del numero di pneumatici sottoposti a ricostruzione.

L’abbandono illegale dei pneumatici
L’elaborazione dei dati ottenuti da Istat, Federazione Gomma e Plastica e dalle interviste agli operatori evidenzia una corretta allocazione solo per il 74% dei pfu generati ogni anno in Italia (compresi i flussi che vanno all’estero sotto diverse forme). Il restante 26% viene, in parte, abbandonato illegalmente sul territorio o destinato a forme di ”smaltimento” non autorizzate e in parte esula i controlli e gli strumenti di tracciabilità incanalandosi in una rete capillare di destinazioni non sempre autorizzate nè ambientalmente compatibili.

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