L’aviaria è tornata, alcuni morti e oltre 20 mila animali soppressi in Cina

di Redazione 169 views0

 L’aviaria è tornata, a sorpresa, come alcuni media riportano? Niente affatto. Scienziati e studiosi hanno continuato a ripetere per anni che nuove epidemie sarebbero scoppiate per le condizioni abominevoli degli allevamenti intensivi, e adesso eccoci qui, di nuovo con l’aviaria. Il focolaio è la Cina, dove oltre 20 mila animali sono già stati soppressi.

L’aviaria ritorna a partire dalla Cina: la situazione è grave, molti stati stanno già vietando le importazioni dalla Cina per evitare la diffusione del virus tramite il traffico aereo degli animali. Il settore cala, con gli indici azionari di Hong Kong che vanno giù in correlazione ai timori delle conseguenze del nuovo focolaio della patologia. Non solo: l’aviaria ha già provocato dei morti, l’ultimo dei quali un 64enne della provincia di Zheijang, quindi è più che plausibile aspettarsi una dura reazione da parte dei consumatori.

Il portavoce dell’Organizzazione mondiale della sanità Gregory Hartl ha dichiarato:

Abbiamo 14 casi in un’ampia area geografica, non abbiamo evidenze di un legame epidemiologico tra i casi confermati e non abbiamo evidenze di sostenuta trasmissione uomo-uomo.

L’OMS ha precisato che finora non ci sono prove di una possibile trasmissione del ceppo H7N9 tra persone, quindi non vi è per ora contagio uomo a uomo ma contagio da animale a uomo. Shangai è uno dei centri economici più importanti in Cina ed è lì che oltre 20 mila animali sono stati soppressi dopo aver scoperto il virus dell’aviaria in alcuni piccioni della zona. E adesso, ci si chiederà?

Adesso c’è da sperare che il virus dell’aviaria non si espanda ad altre nazioni, anzitutto, che la Cina riesca davvero a contenere il propagarsi dell’epidemia nei propri confini e che i governi di tutti i paesi industrializzati capiscano, una buona volta, che non possono permettere agli allevatori intensivi di fare tutto ciò che vogliono, poiché come sempre c’è in ballo la salute di tutti i cittadini.

Photo credits | mikecogh su Flickr

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