Sversamento Golfo del Messico: cresce la rabbia degli USA, l’Iran offre aiuto

di Redazione 38 views0

 Cresce in Louisiana la rabbia dell’America nei confronti della British Petroleum per i danni provocati dall’ incidente alla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon. Il ministro dell’Interno Usa, Ken Salazar, ha detto di essere “molto arrabbiato e molto frustrato” con il gruppo petrolifero inglese perché “di scadenza mancata in scadenza mancata continua a non onorare le promesse fatte“. Oggi i tecnici BP hanno ribadito che entro martedì, “mercoledì al massimo“, procederanno con un nuovo tentativo di chiudere la falla della piattaforma. Intanto sulla vicenda è intervenuto anche l’Iran, offrendo aiuto. Il responsabile della società statale che opera nel campo delle trivellazioni, Mehran Alinejad, ha dichiarato all’agenzia Irna che – rispetto a quelle avvenute in Iran – l’emergenza in corso nel Golfo del Messico è “poca cosa” e che l’Iran ha avuto modo di affrontare fughe di petrolio ben peggiori. In particolare – ha detto – negli Anni Ottanta, per arginare il petrolio che sgorgava da pozzi bombardati nel corso della guerra con l’Iraq. “I tecnici iraniani vantano ottimi risultati nelle operazioni condotte per contenere fughe di petrolio ben maggiori rispetto a quella del Golfo del Messico“, ha detto.

TECNOLOGIE PRIVATE
L’ammiraglio Thad Allen, designato dalla Casa Bianca a capo delle operazioni di soccorso, ha invece ammesso che nel caso specifico solo la BP ha la tecnologia e l’esperienza necessaria per operare al meglio. “Siamo di fronte a un evento anomalo che non ha precedenti – ha commentato, intervistato dalla CNN -. Solo il settore privato al momento ha la tecnologia in grado di lavorare a quella profondità per risolvere questa crisi il più velocemente possibile“. Tecnici della BP e dell’unità di crisi della Casa Bianca hanno assicurato che martedì prossimo tenteranno di dare esecuzione a un nuovo dispositivo che ha sempre lo stesso obiettivo: imbrigliare i tubi della piattaforma da cui sgorga il petrolio in una sorta di capsula di contenimento.

LO SPETTRO DELLA EXXON VALDEZ
Nel frattempo nessuno sa dire con certezza quanto petrolio sia già in mare. Gli scienziati si confrontano, sostenendo tesi diverse: c’é chi dice che è possibile calcolarlo in base al metano liberato, c’é chi sostiene che a 1.600 metri di profondità la pressione è completamente diversa e dunque il calcolo è impossibile. Anche se la BP non ha ancora fornito un’indicazione chiara, per la prima volta l’ammiraglio Allen ha ammesso che le perdite “cominciano ad avvicinarsi” a quelle della Exxon Valdez del 1989, quando nel mar dell’Alaska finirono 41 milioni di litri di greggio. Allen – a differenza di Salazar – ha detto di “aver piena fiducia” nella BP.

INSOFFERENZA PER LA BP
Ma negli Usa l’ostilità nei confronti del gruppo petrolifero è esplicita. Non solo è considerato responsabile della catastrofe. E’ anche accusato di aver risparmiato sulle misure di sicurezza. Il Washington Post ha infatti pubblicato una lettera della BP del 2004 dalla quale emerge che la compagnia aveva autorizzato l’impiego sulla piattaforma di una valvola temporanea, anziché una valvola permanente che in caso di emergenza avrebbe offerto più sicurezza. Bp preferì quella temporanea.

E’, del resto, la logica dei profitti.

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