Ritorno da un Tibet con sempre più alberi

  

Ad agosto vi avevamo parlato dell’avanzata green della Cina e dei racconti che aspettavamo dal viaggio voluto dall’Associazione ‘Mirabile Tibet’ e organizzato dall’Agenzia di comunicazione I SAY per tre social influencer – Laura Comolli, Roberto De Rosa e Nicolò Leone. Ora, mentre guardiamo sui loro profili Instagram le immagini e le stories raccolte da Chengdu e da Lhasa, ecco una delle più belle notizie dal “tetto del mondo”: gli alberi.

In effetti, avremmo dovuto saperlo. Fin dal 2013, quando la Stampa cinese aveva annunciato un investimento di 30 miliardi di yuan (equivalenti a circa 5 miliardi di euro) per l’afforestazione di 137mila ettari tibetani entro il 2030. Nuovi alberi dunque, in zone finora prive di copertura forestale. Con due obiettivi dichiarati: prevenire gli eventi climatici avversi e ottimizzare l’uso dell’acqua. Ebbene, a oggi è stata piantata la metà di questa nuova foresta e quindi il 50% del territorio è già classificato come area ambientale protetta.

Con l’aumento delle temperature e il calo delle precipitazioni, questa regione dall’incredibile bellezza naturale e culturale stava infatti affrontando anche desertificazione, erosione del suolo e perdita di biodiversità. Cioè, danni potenzialmente irreparabili agli ecosistemi – dalle praterie ai ghiacciai. Al completamento del progetto di afforestazione, la decisione dunque dei Governi centrale e locale di investire nel verde potrebbe portare tre risultati importanti: un aumento annuale dello stoccaggio di acqua, che dovrebbe raggiungere le circa 50 tonnellate; il sequestro di oltre 229mila tonnellate di carbonio e il rilascio di 193mila tonnellate di ossigeno. Il tutto per un valore ecologico di circa 215 milioni di dollari.

Detto fatto: nell’ultimo decennio sono state selezionate e piantate più di 30 specie adatte all’altopiano, con attenzione sia agli alberi, sia alla copertura vegetale delle praterie. Nella prospettiva di regolamentare i flussi d’acqua nei fiumi e laghi e la salvaguardia della diversità animale e vegetale, ma anche di compensare gli impatti delle dighe e delle centrali idroelettriche erette nella regione.

Così, mentre il mondo combatte ancora con la deforestazione al ritmo di 10 milioni di ettari all’anno – e basta pensare che nel 2022 è andata persa un’area amazzonica delle dimensioni pari a quelle della Svizzera – in Tibet la Cina e la comunità locale piantano alberi. Compreso Phurbu Namgya che lo ha fatto per tutta la vita, portando tutte le generazioni della famiglia a imparare e a proseguire l’opera. 

Un’opera che andrebbe portata avanti in tutto il mondo. Anche perché – e anche questa è notizia recente – un gruppo di scienziati cinesi ha dimostrato l’esistenza di una connessione evidente tra le temperature anomale registrate in Amazzonia, quelle dell’Antartide e quelle del Tibet negli ultimi 40 anni. Osservando, in base a modelli di circolazione atmosferica e oceanica, come la deforestazione dell’Amazzonia abbia generato effetti sull’altopiano tibetano. Connessioni a distanza, che non dovremmo mai dimenticare.

Per ora, ci fermiamo qui. Con due ultime “cartoline” dal Tibet. Perché è proprio qui, nella riserva naturale della città di Nyingchi, che è stato scoperto un cipresso alto 102 metri – l’albero più alto dell’Asia e il secondo più alto del mondo. Che fornisce microclimi e habitat vitali ad alcune piante e animali in via di estinzione, tanto da essere considerato in Cina una specie vegetale protetta di prima classe. E perché sempre quest’anno, a sorpresa, un Leiothrichidae dalle guance marroni si è poggiato sul ramo di un albero di Lhasa. Quando si dice biodiversità…

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