Allarme Ispra sulla qualità del suolo Italiano: l’80% è povero di carbonio organico

di Redazione 256 views0

Allarme dell’Ispra sullo stato del suolo in Italia dove, secondo l’Istituto di Ricerca per la Sicurezza e la Protezione Ambientale, “l’80% è di scarsa qualità“. Il degrado secondo l’Ispra, che ha diffuso i dati oggi a Roma nel corso di un seminario nell’Auditorium dell’Ispra, è causato dal cemento, dalle specie invasive ed dall’inquinamento. “Pur essendo tra i Paesi più ricchi di biodiversità in Europa, l’Italia è tra gli ultimi nella protezione della vita del suolo. Le scarse conoscenze sulla risorsa e le tante pressioni a cui è sottoposto, fanno oggi del suolo la ‘cenerentola’ della biodiversità” spiega l’Istituto di ricerca ambientale che nell’Anno Internazionale della Biodiversità vuole “offrire una panoramica completa delle criticità e formulare nuove proposte per la tutela“.

BIODIVERSITA’ A RISCHIO
Nonostante possa vantare il primato in Europa quanto a varietà di superfici agricole e naturali“, gli ultimi dati disponibili elaborati dall’Ispra, dicono che la situazione dei “suoli italiani è preoccupante. Circa l’80% è povero di carbonio organico e, quindi, non puo’ essere definito ‘di qualità’ a causa della scarsa presenza di sostanza organica e di un elevato rischio di erosione“. L’Italia, Paese europeo con la più grande biodiversità del suolo, attualmente dieci volte superiore a quella del Regno Unito e doppia rispetto a Francia o Spagna, rischia anche secondo l’Ispra “di perdere gran parte di questo patrimonio“.

SPECIE A RISCHIO
Infatti, -continua l’Istituto di ricerca- è in calo il numero di specie di microrganismi che popolano il terreno e ne determinano fertilità e stabilità. Moltissime specie sono poi endemiche, vivono cioè esclusivamente nel nostro Paese, spesso limitate in ambienti fragili e minacciati“. “Segnali incoraggianti” secondo i ricercatori, arrivano, però, dalla bozza di ‘Strategia nazionale per la Biodiversita”, in fase avanzata di lavoro, dove, per la prima volta, “si propone l’istituzione di un programma nazionale di monitoraggio della biodiversità del suolo“.

IL PROGRAMMA DI MONITORAGGIO DELLA BIODIVERSITA’ DEL SUOLO
Da quanto riferito dai ricercatori dell’Ispra, il suolo ospita il 95% della biodiversità dell’intero pianeta e in un solo grammo di terra vivono milioni di microrganismi, gran parte dei quali ancora sconosciuti. “Invece di considerarlo come un comparto ambientale essenziale per l’esistenza delle specie viventi, troppo spesso -affermano- è percepito solo come un supporto inerte alla produzione agricola e come base sulla quale sviluppare le attività umane“. E, nel corso degli ultimi 100 anni, il suolo, secondo gli esperti, ha visto moltiplicarsi il numero e la varietà delle minacce indotte dall’uomo.

LE MINACCE PER LA BIODIVERSITA’
A minacciare la biodiversità del suolo, rilevano i ricercatori dell’Ispra, c’è anche la comparsa di specie invasive, com’è il caso della ‘lumaca killer’ che ha infestato l’intera Europa, distruggendo i raccolti senza incontrare ostacoli, attaccando le altre specie di lumache e rimanendo refrattaria a qualsiasi misura di controllo. Inoltre, mentre appaiono nuove specie ne scompaiono altre, come sta accadendo con le orchidee selvatiche negli habitat sotto gli 800 metri. “Sono specie fondamentali che, vivendo in stretta simbiosi con i funghi del suolo e gli insetti impollinatori, -spiegano gli esperti- sono un efficace campanello d’allarme per l’equilibrio tra biodiversità del suolo e inquinamento“.
Tra le principali minacce che colpiscono il suolo del nostro Paese c’è il crescente consumo di superficie, che sta aumentando ad una velocità tra le più alte d’Europa. “Con 43 milioni di tonnellate di cemento prodotto nel 2008, il nostro Paese -dicono i ricercatori dell’Ispra- è al 4° posto nel mondo per rapporto cemento prodotto/superficie, e il 5° per rapporto cemento prodotto/abitante. Il fenomeno si definisce ‘impermeabilizzazione’ e ha molteplici effetti negativi: sottrae all’agricoltura e alla conservazione naturale porzioni sempre crescenti di terreno, limita e impedisce l’infiltrazione delle acque e la funzione di ritenzione, aumentando le possibilita’ di repentini eventi di piena“.
Così, se tra il 1994 ed il 2000 il consumo di suolo era pari a 203 ettari l’anno, tra il 2000 ed il 2006 i dati dell’Ispra segnano un aumento del processo di impermeabilizzazione, pari a 392 ettari l’anno. “Il processo -concludono i ricercatori- è evidente nelle grandi città, ad esempio a Roma, l’espansione delle aree urbane ha portato ad una crescita del suolo impermeabilizzato dal 4% (1994-2000) al 7% (2000-2006)“.

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