L’ isola di Pasqua: un monito per il pianeta

di Redazione 809 views0

 Il destino dell’ isola di Pasqua può essere considerato un esempio emblematico e particolarmente crudo di ciò che potrebbe accadere quando l’ economia umana si espande a dispetto dei propri limiti.

LA STORIA DELL’ ISOLA DI PASQUA
L’ Isola di Pasqua è stato uno degli ultimi luoghi della Terra ad essere colonizzato dagli esseri umani. Raggiunta per la prima volta dai Polinesiani 1500 anni fa, questa piccola isola posta a 3700km dalla costa occidentale dell’ America del Sud ha ospitato una sofisticata società agricola.
Aveva un clima semiarido, mitigato però da una fitta foresta che intrappolava e tratteneva l’ acqua. I suoi 7000 abitanti coltivavano la terra e allevavano polli, pescavano e vivevano in piccoli villaggi. Furono loro a scolpire le grandi statue di pietra che oggi possiamo ammirare: alte fino a otto metri, esse venivano trasportate attraverso l’ isola fino ai luoghi cerimoniali facendole rotolare sui tronchi d’ albero.
Quando l’ ammiraglio olandese Roggeveen vi giunse la domenica di Pasqua del 1722, queste statue, chiamate Ahu, erano gli unici resti di una fiorente civiltà scomparsa in pochi decenni.

LE RISORSE DELL’ ISOLA
Come gli archeologi hanno potuto stabilire, questa repentina scomparsa era stata innescata dalla progressiva depauperazione delle limitate risorse di cui l’ isola disponeva. L’ isola era stata completamente denudata, gli alberi abbattuti per far posto all’ agricoltura, per gli usi domestici, per costruire capanne e canoe, per trasportare gli Ahu. A poco a poco la carenza di alberi aveva costretto molte persone a vivere nelle caverne. Non si potevano costruire le canoe e le imbarcazioni di canne non erano in grado di affrontare lunghi viaggi. Il terreno denudato, che già aveva sofferto per la mancanza di concime naturale, era ormai soggetto all’ erosione e impoverito.

LA REGRESSIONE A CONDIZIONI PRIMITIVE
A partire dal 1600 la civiltà dell’ Isola di Pasqua era regredita verso condizioni primitive. Senza alberi e senza canoe, gli isolani si trovarono intrappolati, incapaci di sfuggire al loro destino. I conflitti per assicurarsi le poche risorse dell’ isola devono essersi fatti sempre più frequenti, fino a portare ad uno stato di guerriglia costante.
Consapevoli di essere isolati dal resto del mondo, gli abitanti dovettero sicuramente rendersi conto che la loro esistenza era fortemente a rischio, ma non furono in grado di escogitare un sistema di sopravvivenza che consentisse loro di trovare il giusto equilibrio con l’ ambiente. Le risorse vitali furono consumate fino all’ esaurimento.

L’ INCOSCIENZA DELL’ UOMO
Paradossalmente, via via che il legname si esauriva, si faceva più pressante la competizione tra i clan e un numero sempre maggiore di statue veniva scolpito nel tentativo di assicurarsi posizione e prestigio. Il fatto che tante statue siano rimaste incompiute e abbandonate nelle cave induce a ritenere che non si tenne conto di quanto pochi fossero gli alberi rimasti per trasportarle.

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