Come conoscere meglio il Vulcano Etna

di Redazione 78 views0

In virtù dell’uso di dati satellitari e di misure al suolo in sicronia è possibile sottolineare le probabili risalite di magma precedenti la ripresa dell’attività eruttiva al Vulcano Etna. E’ quanto si evince da uno studio creato dalla ottima collaborazione tra il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) che è stato recentemente pubblicato sulla rivista Scientific Reports di Nature.

Comprendere la struttura interna di un vulcano e il suo funzionamento è una delle priorità degli studi vulcanologici. Per fare questo i ricercatori possono basarsi solo su informazioni raccolte sulla superficie del vulcano e sull’analisi dei prodotti emessi (lava, gas, cenere, …). Lo studio, per la prima volta, adotta in sincro le misure della deformazione del suolo, calcolate utilizzando dati raccolti da radar satellitari quali ERS/ENVISAT e COSMO-SkyMed, e le informazioni sulle piccole variazioni del campo gravitazionale misurate in prossimità della superficie del vulcano.

A spiegare meglio lo studio è Eugenio Sansosti del CNR.

Uno degli strumenti più importanti per la comprensione dei fenomeni che avvengono in profondità è lo studio delle deformazioni della superficie terrestre. Deformazioni del suolo anche molto piccole, fino ad un centimetro, possono essere misurate dallo spazio utilizzando sensori radar ad apertura sintetica, chiamati SAR, montati a bordo di satelliti.

È per questo che l’Etna è costantemente controllato dai satelliti della costellazione dell’ASI COSMO-SkyMed che dal 2009 acquisiscono con estrema regolarità, sul vulcano italiano.

Piccole variazioni della superficie terrestre costituiscono l’effetto misurabile di vari processi geofisici, spesso complessi e sovrapposti. Tuttavia, nonostante l’estrema precisione delle tecniche SAR satellitari, non sempre fenomeni importanti, quali la risalita di magma in un vulcano, danno luogo a deformazioni del suolo significative. Sansosti, infatti, rileva:

È proprio in questi casi che l’integrazione con altri dati fornisce i risultati più interessanti. Nel nostro lavoro, in aggiunta ai dati SAR, abbiamo utilizzato dati gravimetrici raccolti dall’INGV. Con tali dati, che misurano le variazioni del campo gravitazionale, è possibile avere una stima delle masse magmatiche presenti sotto la superficie del vulcano. Questo permette di individuare fenomeni di risalita del magma anche se non causano deformazioni del suolo misurabili.

 

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